IN RERUM NATURA

recto verso 7La mostra di Ilaria Margutti si sviluppa sul tema dell’identità intesa come consapevolezza dello stare nel mondo.

In Rerum Natura, tradotta letteralmente, significa nella natura delle cose.

Un fatto si verifica in rerum natura quando avviene secondo il consueto svolgersi degli avvenimenti.

In questo percorso, l’artista cerca di mostrare come i processi di consapevolezza, si rivelino solo dopo un cammino fatto di attese e lotte, spesso insidioso, nel quale ogni respiro scandisce il ritmo di come percepiamo la vita. Il ricamo, l’attesa, il gesto del della mano che conduce il filo, diventano le metafore laboriose di questo auto-crearsi.

 

“Tessere, ricamare, rammendare, cucire sono tutte ‘azioni’ simbolicamente legate alla ‘creazione’, al generare della vita dall’attesa. L’ago diviene strumento della ‘creazione’. “L’ago è un medium, un mistero, una realtà, un ermafrodita, un barometro, un momento, e uno zen: non lascia tracce e alla fine scompare. L’unica traccia è la connessione che ha realizzato” (Kim Sooja). È pungente, serve a ferire, come pure a ricucire, chiudere, rammendare, ricostruire le linee della propria esistenza. Le mani tastano la pelle, ne riconoscono gli orli, ne imprimono i solchi, ne rammendano le pieghe. Donne instancabili compongono e definiscono le loro forme, percorrono cavità e sporgenze, attraversano bocca e ciglia, ginocchia e ombelichi, seni e unghie. L’artista non rimargina, ma attraversa le fratture della carne per trasfigurare le sue tele in uno ‘stare presso di sé’, una cicatrice in cui rinchiudersi e avere pace. Il confine è la pelle. Quella cerniera labile e sottile fra interno ed esterno.”

Tratto dal testo critico di Lucrezia Naglieri e Lara Carbonara.

“Il fare del ricamo, è un fare completamente femminile, che proviene proprio dall’identità femminile – racconta Ilaria -. Un fare che io riprendo e rendo linguaggio: il ricamo diventa per me un mezzo con cui posso esprimermi con la mia identità, con l’origine della creatività femminile che passa attraverso il filo“.

Flavia Lanza

“Fra tutti i sensi, il tatto. E del suo corpo, la pelle. È sulla pelle che Ilaria Margutti si analizza e si sperimenta. Pelle, l’esterno della casa in cui l’anima abita: il corpo. È l’ultima frontiera dell’essere a diretto contatto con il mondo e la prima linea di difesa dell’organismo contro le aggressioni esterne. Strati su strati di tessuti dallo spessore differente a seconda delle zone, a cui lei aggiunge uno strato in più: la garza che cura e permette la realizzazione della mappatura delle sue esperienze che il ricamo evidenzia, il rammendo rafforza, la larga trama fa defluire attraverso i pori all’interno del suo corpo per rafforzarne l’identità. Sul disegno naturale della pelle, in un susseguirsi di solchi, rilievi-pieghe, Ilaria va a inserire […] staccionate di spilli e azzardare l’inserzione di spine, che paiono fungere da scaglie difensive come quelle dei pesci e dei rettili. In punti precisi, sparge rametti di semi di papavero dal potere anestetico per ridurre la sensibilità oltre il livello di guardia. Sono i lembi estremi non ancora raggiunti dalla gestione del dolore, che ha imparato nel tempo senza dover narcotizzare le sue terminazioni nervose”  Adriana M. Soldini.